Passa ai contenuti principali

IL SOFFIO DEL DRAGO: TANTRA, MANO SINISTRA E ALTRE NEFANDEZZE



Qualche anno fa, in un gruppo che si occupava di Advaita Vedanta e si definiva tradizionale (e credo proprio che lo fosse: chi lo aveva messo su era in contatto con gli Shankaracharya di Kanci e di Sringeri) su richiesta del mio "riferimento" assunsi un po' per gioco "ma anche no" il ruolo  del Bastonatore.

Mi chiamavano Ryu no Kokyu, "Soffio del Drago" che non era un nome che mi ero scelto ma quello che alcuni definirebbero "Nome Spirituale".
Lo aveva scelto lui, il mio "riferimento" in riferimento ad alcune tecniche di circolazione delle energie sottili  di cui, a suo dire, avevo raggiunto la maestria.

La cosa divertente è che anche i maestri cinesi e tibetani  con cui ho avuto a che fare mi hanno affibbiato nomignoli che hanno a che vedere con i Draghi e con le energia sottile, ma questa è un'altra storia...

Dunque, come Ryu no Kokyu avevo il compito di "Bastonare", ovvero di dimostrare   attraverso citazioni e interpretazioni dei testi vedici, l'aderenza o la non aderenza alle scritture vediche delle affermazioni altrui.

Mi divertivo un mondo a interpretare  l'arrogante custode della tradizione - gli altri, devo dire un po' meno - e, oggi, a mente fredda, penso che quegli anni siano stati fondamentali per la mia formazione.

Credo che il mio riferimento, Premadharma, cui va tutta la mia gratitudine, scegliendomi come bastonatore volesse prendere due piccioni con una ( o anche tre...): 

1) dimostrarmi che dietro alla mia facciata di yogin buonista e compassionevole si nascondeva un temperamento guerriero e una mente attratta dal'inutile fuoco della polemica.

2) costringermi a studiare i testi vedici e vedantici con uno zelo che credevo impensabile.

Prima di allora se sentivo parlare dei "venticinque Tanmatra del Samkhya" o  della  differenza tra "Uttara Mimansa  egli altri cinque Darshana vedici" mi slogavo le mascelle dagli sbadigli (-"pappa per  intellettuali  macrocefali"-  mi dicevo), ma con la scusa del gioco polemico e dei "duelli filosofici" mi buttai a capofitto nello studio del Vedanta.

"Ryu no kokyu il Bastonatore" era un personaggio teatrale, inventato da Premadharma ai fini della mia, chiamiamola così, istruzione, nato e sepolto durante la mia lunga parentesi vedantina. Roba del passato.

 A volte, però, ancora oggi, il soffio del drago ricomincia a farsi sentire, e la voglia, inutile se non deleteria, di mettere i puntini sulle "I" mi solletica la lingua e le sinapsi.

Per esempio quando sento parlare, anche da persone che stimo, di Tantra e di Via della Mano Sinistra come di una serie di pratiche stravaganti caratterizzate da vari e fantasiosi accoppiamenti, a Ryu no kokyu quasi parte un embolo.

La parola Tantra, nella cultura indiana, ha solo due possibili interpretazioni:
1) Tanu trayate, ovvero salvare con il corpo, ad indicare tutte le pratiche fisiche finalizzate alla Liberazione. Hatha Yoga ad esempio è Tantra, e pure Nyasa,la pratica di recitare suoni e visualizzare simboli toccando varie parti del corpo è Tantra.

2) Trame di tessitura, ad indicare una serie di testi, chiamati appunto  Tantra, o Agama e Nygama, dedicati agli insegnamenti delle scuole Shaiva, Vaishnava e Shakta.


Per ciò che riguarda la VIa della Mano sinistra, o Vama Marga o insegnamenti di Vama Deva, non è altro che la via dello Hatha Yoga secondo le upanishad Shaiva.
Una via che è progressiva e che ha la caratteristica di evolversi nel corso delle incarnazioni.

In pratica se ho imparato a mettermi a testa in giù nella vita precedente, quando rinasco saprò già mettermi in verticale.

Alla  via progressiva si aggiunge, nelle upanishad shaiva, la cosiddetta "Via dell'Uccello" che alcuni chiamano Ati Yoga, la via dell'illuminazione improvvisa dovuta al caso, all'incontro con un maestro illuminato o all'Upa Guru, un fenomeno atmosferico, un oggetto od altro che provoca nel praticante l'immediata rottura dei livelli dell'Io.

Alcuni poi confondono la Via della Mano Sinistra con la Via a ritroso, o Nivritti marga, che non è altro che la scelta di vita di colui che avendo espletato i compiti  attribuitigli dal proprio Sva Dharma o Dharma Karma (Dharma, Artha e Kama) chiamati Pravritti marga (via a diritto) si allontana dalla società per avviarsi, come samnyasin, alla meta dell'illuminazione.

Già, Ryu no Kokyu leggendo molte  delle cose che si trovano su internet comincerebbe ad agitare il bastone ( o addirittura la spada) con le narici dilatate e gli occhi rossi di rabbia.

Ma è un personaggio del passato.
Oggi non bastono più nessuno (per fortuna...).
Ho pensato però che potrebbe essere utile, un breve sunto della Brahma Vidya, la conoscenza di Brahma, in cui si parla della via diritta e della via a ritroso.

Non credo che chi pensa che la via della mano sinistra sia la pratica del sesso estremo cambierà idea per questo, ma mi auguro che questa breve esposizione  possa far riflettere  e discutere chi studia e pratica questa meravigliosa arte dell'Essere umano che è lo Yoga.


antah-shaktah, vahih-shaivah, sabhayang vaisnavàmatah.

(Vaishnava nella parola, Shaiva nell'aspetto e Shakta nel cuore)
Un sorriso,
Paolo





1) JIVANMUKTA




Jivan mukta letteralmente proviene da जीवन jīvana - esistenza e मुक्त mukta -affrancato dagli obblighi, sciolto.
jivan mukta è colui che è sciolto dagli obblighi dell'esistenza e dalle jivanavrtti ovvero la professione, il ruolo sociale, la famiglia ecc.

Jivan Mukta è anche colui che ha ricevuto la suprema iniziazione (mahapurna diksa) ed ha conseguito la brahmajnana, o conoscenza del Brahman.

jivanmukta
 è chi si identifica in paramahamasa, l'oca cosmica, e può, solo lui, affermare SO'HAM: "Io sono Quello".

2) ACHARYA E QUALIFICAZIONE

La parola आचार्य ācārya significa invece precettore e nella filosofia tradizionale indiana indica colui che avendo portato a termine il percorso di un आचार ācāra (condotta di vita, costume, usanza, comportamento) può insegnare, a coloro che sono al suo stesso livello coscienziale, a portare a compimento il medesimo percorso di quel determinato stadio o livello.

Gli ācāra, sono anche  stati  coscienziali collegati a ciò che talvolta definiamo "qualificazione",  i livelli gli stadi coscienziali "contenuti" in ciò che definiamo talvolta corpo fisico o deha.


Spesso si interpreta deha con corpo grossolano,
Ma non è completamente esatto.
Il corpo grossolano è स्थूल sthūla deha ovvero corpo, aspetto GRASSO-LARGO, ed è il contenitore di सूक्ष्म sūkṣma deha ovvero corpo, aspetto sottile, fine, delicato. 
सूक्ष्म sūkṣma deha è ciò che possiamo, volendo, denominare ācāra
Il primo ācāra è definito vedācāra.


3) DEFINIZIONE DI VEDACHARA

Il sadhana relativo al vedācāra riguarda la conoscenza letterale dei veda e la pratica dei riti o azioni, ovvero ciò che si definisce karma yoga (o kriya o karma marga).

Il fine del sadhana relativo al vedācāra è il riconoscimento ed il rafforzamento del proprio dharma.
Il riconoscimento del proprio dharma conduce allo sviluppo della fede.
Si tratta di una fede inconsapevole, cieca che corrisponde al secondo stadio oVaisnavācāra.



4) DEFINIZIONE DI VAISHNAVACHARA

Il sadhana a questo stadio è bhakti yoga (bhakti marga)
Siamo nel campo della devozione e della scoperta del potere di mantenimento della divinità (visnu).
Bhakti yoga ha il compito di cominciare a distruggere l'A-DHARMA (NON DHARMA ciò che non è in linea con la legge universale) continuando a rafforzare il dharma.


La consapevolezza si unisce alla fede cieca.
L'assoluto è il "mio Signore" o "la Madre".
Lo stadio coscenziale tra virgolette successivo, è quello corrispondente alla consapevolezza di shiva ovvero shaivācāra.



5) DEFINIZIONE DI SHAIVACHARA

La fede cieca sviluppata con karma yoga, unita alla devozione sviluppata con bhakti yoga si unisce alla consapevolezza della discriminazione.
Siamo al sentiero di jnana marga che ci conduce al quarto stadio detto daksinācāra.



6) DEFINIZIONE DI DAKSHINACHARA


दक्षिण dakṣiṇa
 significa sud e per analogia destra (questo perché le mappe indiane erano rovesciate rispetto alle nostre: noi ci rivolgiamo ad ovest-tramonto e ci troviamo il nord a destra, mentre gli indiani si rivolgono ad est-alba e si trovano il sud a destra, sinistra per chi guarda), 


Dakṣiṇācāra non ha quindi a che vedere solo con ciò che è definito nel tantrismo via della mano destra , ma anche e soprattutto con dakṣiṇamurti, shiva con la faccia rivolta a nord che si manifesta come guru

Dakṣiṇācāra è l'inizio del percorso verso la liberazione.
E' qui infatti che si manifesta la volontà o decisione interiore, la prima apparizione del "maestro interiore" o antar laksa.

अन्तर् antar significa dentro, interiore e लक्ष lakṣa è ciò che indica , che da il ritmo e la direzione. 

7) LA VIA A RITROSO, O VIA DELLA MANO SINISTRA

Il sadhana di questo "livello" è detto jñāna mārga.
Qui termina il percorso di conoscenza, rafforzamento e purificazione del dharma e può iniziare il viaggio a ritroso, la distruzione dei contenuti (neti neti) ovvero la rescissione da tutti i legami.
Il processo di rescissione, attuabile solo dopo  quella che nell'alchimia occidentale è detta "rettificazione mercuriale", ha inizio dove finisce jñāna mārga, ed jñāna mārga può essere intrapresa solo da chi è allo stadio (qualificazione) definito dakṣiṇācāra.

Occorre cioè aver "integrato" karma marga e bhakti marga.
Ramakrishna  definisce "jñāni" chi porta a compimento il processo di neti neti e "vijñāni" chi, attraverso "iti iti" (via dell'apporre, ricostruzione della realtà empirica) realizza l'unità del relativo e dell'Assoluto, l'unità fondamentale del Dio e della Madre divina.
Chi è allo stadio di dakṣiṇācāra viene iniziato al gayatri mantra, il che significa che:
1) ha la conoscenza delle tre sakti del brahman (jñāna/conoscenza,kriya/azione, iccha/desiderio).

2) Ha la conoscenza dei tre guna (tamas, rajas, sattva)

3) Riconosce le tre dee (Sarasvati, Lakshmi, Uma) come l''unica dakṣiṇā kalika o adyashakti.





Il potere di chi ha risolto le guaine (koṣa) fino alla consapevolezza del dakṣiṇācāra è immenso.
Se si legge il dakshinamurtistotram di shamkara (opere minori volume secondo-ed. asram vidya) ce ne possiamo fare un 'idea.

Una volta giunti allo stadio di dakṣiṇācāra si può accedere a nivritti, ovvero la via dello scioglimento dei legami.

Questo processo può durare una infinità di vite (secondo la tradizione induista) e passa attraverso tre stadi prima di giungere allo stadio coscienziale del jivan mukta detto anche turīya

 jiva turīya
brahma turīya e 
turīya-turīya.

Tre stati o livelli diversi che rispondono alle caratteristiche del neonato, della levatrice, della misteriosa, ovvero:

 1) jiva turīya =   stato della infinita potenzialità (sarasvati).

2) brahma turīya =  stato del maestro del mondo (lakshmi).

3)  turīya-turīya = stato dell'insondabile (uma/parvati).

Questa è la via a ritroso secondo la Tradizione Indiana! Ed è molto più lunga e faticosa di quanto si creda.



8 SADHANA


Esiste un diverso sadhana per ogni stadio coscienziale.
Shakta, shaiva, vaisnava non sono etichette o credo religiosi, ma sono parole che indicano precisi stadi coscienziali.

Karma yoga, bhakti yoga, jnana yoga non sono discipline da scegliere a seconda dei gusti o delle  suggestioni culturali, ma possono essere considerati/sono dei diversi percorsi che solo chi è ad un determinato "livello" può intraprendere.

L'Assoluto è immutabile, ma il Bhakti lo definisce Bhagavan
lo yogin lo definisce Paramatman (o paramashiva) e l'Jnani lo definisce Brahman.

Le divisioni tra stili e scuole e le etichette sono funzionali al percorso personale e quindi hanno solo un valore soggettivo.
Ramana  Maharishi ad esempio è un bhakti, un jnani o uno yogin a seconda della posizione coscienziale di chi gli si avvicina.


Parlava di vichara e traduceva il vivekacudamani, come gli Jnani

Sedeva su una pelle di tigre e si tracciava tre linee orizzontali sulla fronte, come i siddha del Tamil.


Le sue parole ed il suo sguardo apparivano dolci e misericordiosi come quelle dei preti Vaishnava



antah-shaktah, vahih-shaivah, sabhayang vaisnavàmatah

ovvero:
vaisnava nella parola (मत mata, consiglio,opinione, supposizione,religione),

saiva nell'aspetto esteriore (वह् vah,guidare, portare, condurre)

sakta dentro di sé (अन्तः antaḥ, dentro, interiore).




Commenti

Post popolari in questo blog

IL SIGNIFICATO NASCOSTO DEI MANTRA - OM NAMAḤ ŚIVĀYA

Alzi la mano chi non ha mai recitato un mantra indiano o tibetano senza avere la minima idea di cosa significasse. C'è addirittura una scuola di pensiero che invita ad abbandonarsi al suono, alla vibrazione e ad ascoltare con il cuore. Il personale sentire viene considerato un metro di giudizio assai più affidabile della razionalità, e l'atteggiamento più comune, nell'approccio alla "Scienza dei mantra è il " Che mi frega di sapere cosa vuol dire? L'importante è che mi risuoni! ". Devo dire che ci sta. Tutto nell'universo è vibrazione e ovviamente quel che conta è il risultato. Se uno recita 108 volte Om Namaha Shivaya senza sapere che vuol dire e poi si sente in pace con il mondo, va bene così. Anzi va MOLTO bene! Ma bisogna considerare che nei testi "tecnici" dello yoga, non numerosissimi, si parla di una serie di valenze simboliche, modalità di  pronuncia e possibilità di "utilizzo" che, secondo me, la maggi

I CAKRA DEI NATH

    Nonostante in molti testi si parli esclusivamente di sei cakra + il cakra dei mille petali,   in genere nella tradizione Nath se ne enumerano nove: 1.      Brahmā Cakra  - corrispondente al  Mūlādhāra Cakra ; 2.      Svādhiṣṭāna Cakra  " – “centro di supporto del sé", “la sua propria dimora”; 3.      Nābhi Cakra "centro dell'ombelico"; 4.      Hṝdayādhāra "centro del cuore"; 5.      Kaṇṭha Cakra "centro della gola"; 6.      Tālu Cakra "Centro del palato"; 7.      Bhrū Cakra – “Centro tra le sopracciglia" non sempre identificabile con ajñā cakra , posto spesso al centro della fronte. 8.      Nirvāṇa Cakra che alcuni fanno corrispondere al brahmārandhra e altri ad ajñā cakra 9.      Ākāṣa Cakra "centro dello spazio", posto al sincipite per alcuni, sopra la testa secondo altri.   Un altro sistema di cakra presente nello Yoga dei Nāth è quello dei cinque maṇ

IL FIGLIO DI YOGANANDA E L'INDIGESTIONE DI BUDDHA

YOGANANDA Quando nel 1996, pochi giorni prima del suo centesimo compleanno Lorna Erskine, si abbandonò al sonno della morte, Ben, il figlio, decise di rivelare al mondo il suo segreto i: Yogananda, il casto e puro guru, era suo padre. Ne uscì fuori una terribile, e molto poco yogica, battaglia legale a colpi di foto, rivelazioni pruriginose ed esami del DNA tra la Self Realization Fellowship,la potente associazione fondata dal maestro, e gli eredi di Lorna (che chiedevano un sacco di soldi...). Ad un certo punto vennero fuori altri tre o quattro figli di discepole americane, tutti bisogna dire assai somiglianti al Guru, . E venne fuori una storia, confermata da alcuni fuoriusciti dalla Self Realization Fellowship (e quindi... interessati) riguardante un gruppo di "sorelle dell'amore" giovani discepole che avrebbero diviso con Yogananda il terzo piano del primo centro californiano della S:R:F. Certo, per tornare a Lorna, che se una donna americana bianca e b