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Visualizzazione dei post con l'etichetta patanjali

HATHA YOGA - LA DANZA DEGLI DEI

Lo  Hatha  Yoga è una  danza .  I movimenti dello Yogin devono sempre essere morbidi ed eleganti, come quelli di un serpente che, lentamente, svolge le sue spire. L'āsana (la postura) deve essere assunto senza sforzo, con la naturale eleganza del gatto di casa che, risvegliato dall'odore del cibo, balza giù dal divano e si stiracchia la schiena.  Il gesto dello Yogin DEVE essere bello . E questo non per rincorrere un qualche astratto ideale estetico, ma per una necessità pratica: la tensione muscolare rende difficile, se non impossibile, la percezione della circolazione delle energie sottili ("sottili come il filo del ragno", si legge nei testi tantrici) e senza percezione e utilizzazione delle correnti energetiche, le kriyā, non si può parlare di yoga.  Piccola parentesi: la parola  क्रिया kriyā , che significa "tecnica operativa", "azione","performance", nello yoga sta ad indicare il "lavoro" che si deve effettuare durante l

IL VIRUS DELL'IGNORANZA - VIDYA E NIDRA

Il luogo comune è il principale nemico della conoscenza.  Ogni volta che, per pigrizia, stupidità o eccesso di fiducia [fede?] nei confronti di chi ne sa o ne dovrebbe sapere più di noi, rinunciamo alla sana curiosità del ricercatore e rinchiudiamo la mente negli steccati del "COME HA DETTO TIZIO", "SECONDO CAIO" ecc. ecc. spargiamo il virus dell'ignoranza. La ricerca dovrebbe essere libera da ogni genere di pregiudizio e il ricercatore "VERO" dovrebbe farsi tutte le domande che gli altri non osano fare, anche le più stupide, senza dar mai niente per scontato. Ultimamente, lavorando su un testo di Babaji [" Gorakhvani - i segreti di Guru Gorakh "-J.Amba Edizioni], mi sono trovato a fare i conti con i luoghi comuni dello Yoga.  Si tratta, di una serie di errori di traduzione, banalizzazioni e, a volte, colpevoli mistificazioni, che a son di essere ripetuti sostituiscono i significati originali di parole, simboli e tecniche rendendo incom

I CINQUE TIBETANI E LO YOGA TAROCCO

Negli anni'30, ad Hollywood, Peter Kelde r, dopo aver letto " Orizzonte perduto " di James Hilton (il romanzo in cui si parla della ricerca di Shangri-la ) scrisse un soggetto cinematografico sulla fonte dell'eterna giovinezza. La storia era banale: un colonnello dell'esercito britannico, vecchio curvo e malato, si ritrova in un misterioso monastero tibetano, dove alcuni misteriosi monaci gli svelano il segreto dell'eterna giovinezza. Il colonnello torna in occidente, ma non lo riconosce nessuno, dimostra 30 anni di meno, è dritto come un fuso e gli sono pure ricresciuti i capelli. La storia è banale e gli Studios la rifiutano. Nel 1939 Kelder ci scrive un libro e lo chiama " The Eye of Revelation ". Nel 1946, aggiunge dei capitoli, mette in evidenza l'aspetto salutistico e aggiunge un sottotitolo: " Ancient anti-aging secrets of the five tibetan rites " Il libro non è un capolavoro e cade nel dimenticatoio fin quando, negli anni 80,

LA ZATTERA DI BUDDHA

"Gorakhanath ha sconfitto il sonno. La dea del sonno per paura di Gorakhanath, si è nascosta nell'Oceano di Latte" (Babaji di Hairakhan - "Le parole segrete di Gorakh") Qualche giorno fa ho avuto una lunga conversazione con una "collega". Conversazione interessante: oltre ad essere un'insegnante di Yoga è una scienziata (cioè ha una preparazione scientifica, a livello universitario, soprattutto per ciò che riguarda la biochimica). Si è parlato di rapporto tra asana e produzione di neuro-ormoni, di "pinealina" ecc. ecc. Correggo: conversazione molto interessante. Tornato a casa mi è venuta in mente la "zattera di Buddha che mi hanno raccontato i tibetani (o forse l'ho letta in un testo tibetano)". Non so perché, e a dir la verità non me lo chiedo neppure. E' da parecchio tempo che evito di cercare i legami tra azioni, parole dette, eventi esterni e le immagini o i suoni che insorgono nella mente. Penso sia una

YOGAS CHITTA VRITTI NIRODAH

Sono sempre più convinto del fatto che (nello yoga come per altre arti) riflettere sui significati letterali dei termini "tecnici" sia una delle chiavi della conoscenza. Il sanscrito, si sa, è lingua complessa. L'alfabeto è formato da una cinquantina di lettere (meglio sarebbe dire suoni) e le parole cambiano significato a secondo della posizione che assumono in una frase o dei termini cui sono collegate. Se si parla dello specifico dello yoga, poi, la situazione si fa ancora più complicata, perché non esiste, nell'occidente moderno, nessuna arte paragonabile alla "danza di Shiva". Ogni arte ha un proprio gergo, un linguaggio tecnico nato dall'esperienza pratica, perfettamente comprensibile solo agli addetti ai lavori. In virtù della comune esperienza pratica, il gergo di un pittore di Varazze, ad esempio, avrà delle similitudini con quello di un pittore di Katmandu e alla fin fine si comprenderanno. Per lo yoga, invece, ci si è invece dovuti i